Giorgio Brosio, nato a Cortandone, in provincia di Asti. Medico veterinario. Sensibile alle problematiche sociali e politiche si è dedicato anche all’attività di amministratore pubblico e ha ricoperto la carica prima di consigliere comunale ed in seguito di assessore alla cultura e all’ambiente nella città di Orbassano. Nell’aprile del 2002 ha pubblicato il breve saggio filosofico e pragmatico sull’eudemonìa intitolato Il gioco dell’Eden, orientato all’insegna dell’affermazione: il tesoro che noi cerchiamo è di sicuro la felicità. Il suo criterio di indagine è riconducibile all’animismo evoluzionista già teorizzato da Edward Burnett Tylor, specie in Cultura primitiva, nel 1871, il quale osservò come le religioni abbiano una primitiva e anche primordiale base comune, manifestata nella credenza che tutte le creature viventi posseggano un principio vitale chiamato anima. Ma in Giorgio Brosio la matrice tyloriana dell’analisi, anziché condurlo alla potenza di affermazione dell’assoluto, pronunciata dall’uomo all’interno di se stesso (cioè all’invenzione umana dell’assoluto) lo conduce, invece, ad avvertire la rivelazione del cosmo come proveniente dall’esterno e diretta all’uomo. Brosio si colloca, così, su un versante più propriamente religioso che non razionale, e sortisce in una concezione metafisica che è vicina al naturismo e al panteismo, con risvolti molto attuali di new age (es., il libero amore, la famiglia aperta, etc., ed altri aspetti di riflessione nei quali sarebbe possibile leggere un riferimento all’etica marcusiana e alla critica della società consumistica, quali Herbert Marcuse li ha esposti in Eros e civiltà e in L’uomo a una dimensione). Molto profonda è anche l’analisi sociale e politica, la cui antica matrice di pensiero certamente è riconducibile all’Utopia (cioè al non-luogo, ossia alla città che non esiste) di Tommaso Moro, ispirata alla Repubblica di Platone, alla Città del Sole di Tommaso Campanella, alla Nuova Atlantide di Francesco Bacone, ma arricchita con ulteriori ed evidenti riferimenti al socialismo utopico del primo Ottocento di Saint-Simon, Owen, Fourier e Proudhon (basti pensare all’insistenza con cui Brosio si richiama al classico ideale utopico dell’abolizione del danaro). Ma la cosa che interessa più a noi è la sua straordinaria abilità nel trasformarsi in Carlo Artuffo di cui recita in maniera strepitosa i monologhi più famosi. Dopo essere stato uno dei fautori della prima ora dei nostri progetti, diventa così il trait d’union ideale tra il Piemonte di ieri di cui Arte Ci Pare è innamorata e quello di domani cui auspichiamo. Benvenuto tra noi, Giorgio!